Torno dal mercato, sotto la pioggia. Dev andare al colloquio con la casa editrice, in bici, quindi piove. Opto per i mezzi, il tram 3, non mangio, mi rendo presentabile (Felpa dei Rifiuti; jeans da B-Boy usati; chiodo e anfibi; c'è da riflettere...) e parto con la mia valigetta di cartone fustellato e l'ombrello. Arrivo a piedi in piazza Bausan, appuntamento alle 16, sono alla fermata alle 14. La pioggia impregna Milano, adoro queste giornate, guardo tutte le milf e le studentesse, ascolto tutte le storie, origlio le conversazioni al cellulare. Il 3 arriva in Brera alle 15 e 30. Traffico. Di fronte al Piccolo Teatro il cocchiere apre il suo sportelletto e ci comunica che una testa di cazzo ha parcheggiato il Mercedes sulle rotaie e ci sono altri cinque tram in fila. Consiglia di intraprendere dei persorsi alternativi. Mi si pone il dilemma: aspettare seduto sul tram, o partire a piedi. Parto a piedi, e di corsa, sotto l'acqua, lungo le rotaie, che se il 3 si riprende lo riprendo. Arrivo alle Colonne, sudato, bagnato e pieno di freddo. Sul Tuttocittà ho studiato un altro percorso ora troppo lungo, quindi lo rielaboro sulla cartina di una fermata ATM. Ci sono. Trovo la via, e vado davanti al 7. Sul citofono però il nome non c'è. Portineria: chiusa. Cellulare: sono spiacenti, ma il credito è esaurito. Penso. Penso. Penso. Guardo lo scontrino su cui ho segnato l'appuntamento. Cazzo, dice 7. Flash: e se fosse 17, o 27? Vado al 17, e difatti avevo sbagliato indirizzo... Mancano 15 minuti, che fumo in due sigarette. Alle 15 e 58 citofono. Salgo nella splendida casa, molto elegante, della signora editrice, che solo ora che si ripresenta mi rendo conto essere l'autrice degli altri libri che ho comprato sotto lo stesso marchio. E mi sento un fesso. Sono bagnato, sudato, ho camminato nel pantano, nel fango, sgocciolo da ogni lembo, prima che entri in casa già mi offrono il caffè più gradito del 2007, poi lo vedo: pavimento BIANCO. Divano BIANCO. Arredamento BIANCO. Merda.
Vengo davvero bene accolto, professionali e gentili. Comincia il colloquio.
"Ma il razzismo imperante nel romanzo è proprio dell'autore o di un personaggio in particolare?"
Bene, cominciamo.